Bestiale #177 - L'orso fa l'orso, ma noi cerchiamo di restare umani
Il post non contiene le foto scattate dalla vittima col telefono: mi sembrava indelicato inserirle, e comunque le abbiamo già viste ovunque.
Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centosettantasettesima puntata di Bestiale, ed è un episodio che non avrei voluto scrivere.
Sui fatti sarò breve: Omar Farang Zin, 48enne di Varese, è stato ucciso da un’orsa in Romania, lungo la strada panoramica Transfagarasan, frequentata da molti motociclisti come lui. Era sceso dal mezzo per scattare una foto all’orsa, che aveva i piccoli al seguito. L’animale ha reagito e l’ha ucciso. In seguito a questo episodio, l’orsa è stata abbattuta.
Non starò qui a dire che l’uomo è stato incosciente, non è il mio obiettivo: non voglio puntare il dito contro di lui, anche perché mi sembrerebbe irrispettoso nei confronti suoi e della sua famiglia. Ha compiuto un gesto sbagliato e ha pagato il più caro dei prezzi. Inutile riempire le sezioni commenti di ogni post con insulti alla vittima: proviamo a restare umani, noi che possiamo. Perché non possiamo pretendere che lo faccia l’orso, che invece ha fatto l’unica cosa che la natura gli ha insegnato: comportarsi da orso.
E per “fare l’orso” non parlo soltanto di uccidere chi minaccia la tua prole. Parlo di avvicinarsi, di diventare confidenti, di aspettare a bordo strada per un pezzo di pane lanciato da quei bipedi tanto amichevoli. Che però guidano macchine mortali e ti prendono a fucilate se poi reagisci.
NOTA: Su questo punto, per chi si chiede perché l’abbiano uccisa: il motivo è che, dopo l’accaduto, considerava l’essere umano come una minaccia e lo avrebbe insegnato ai suoi cuccioli e potenzialmente anche ad altri orsi. Sono dispiaciuto per il suo abbattimento? Ovviamente sì. C’erano misure alternative, come successo con JJ4? Certo. Ma la ratio che sta dietro decisioni simili è quella di evitare altri incidenti e tutelare il resto della popolazione di orsi. Giusto? Sbagliato? Ognuno si faccia la sua opinione sul tema, io vorrei parlare d’altro. Nello specifico, vorrei parlare del contesto che ha portato all’incidente.
L’orso fa l’orso, dicevamo, e non può essere altrimenti: per una mamma coi cuccioli al seguito, che vive in una natura spietata, un pezzo di pane lanciato dal turista può fare la differenza tra superare o meno l’inverno. Tutto il cibo che può mettere da parte è manna dal cielo. Lei non capisce, non può capire che prendere il pane dalle mani di un essere umano è sbagliato. Siamo noi sapiens che dobbiamo fermarci, riflettere, pensare: è davvero giusto quello che sto facendo? Quali conseguenze avrà, a parte quella immediata di sfamarlo e di sentirsi gratificati?
Bisogna guardare il contesto: quello che è accaduto non è il gesto di un singolo pazzo e scriteriato, ma la diretta conseguenza di una concezione degli animali profondamente sbagliata e, purtroppo, molto diffusa. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa succede in Romania con gli orsi. Perché è da lì che parte tutto, e se guardiamo al singolo episodio senza considerare l’insieme ci sfugge il senso di quanto accaduto.
La situazione orsi in Romania è grave e instabile
Che poi basterebbe anche questo video per riassumerla, ma prima qualche numero: nei Carpazi, in Romania, sono presenti tra i 10.000 e i 13.000 orsi. Si tratta del secondo Paese europeo dove ce ne sono di più, dopo la Russia. Soltanto nella zona in cui è morto il motociclista italiano, ce ne sono 112 in mille chilometri quadrati. Per capirci: in Trentino ce ne sono circa 100 in duemila chilometri quadrati.
I rapporti tra orsi ed esseri umani in Romania sono parecchio complicati: negli ultimi vent’anni ci sono state 26 vittime e 274 persone ferite. Ogni tanto come risposta le istituzioni autorizzano più uccisioni, che però non risolvono il problema. Perché, banalmente, il problema non sta tanto nei numeri (che restano comunque un tema), quanto negli atteggiamenti degli esseri umani. Si legge sul Post:
Lungo la strada rumena, così come nei boschi del Trentino, sono presenti molti cartelli che spiegano i comportamenti più sicuri da tenere nel caso di avvistamenti e incontri ravvicinati con gli orsi. Tra le altre cose è fortemente sconsigliato avvicinarsi a questi animali per scattare foto e vietato offrire loro da mangiare. Molte persone che visitano le foreste rumene tuttavia contravvengono a queste indicazioni: è rischioso perché gli orsi che si abituano alla presenza umana perdono l’istintiva diffidenza nei confronti delle persone.
In particolare, sull’autostrada Transfagarasan ci si può imbattere in orsi che stazionano stabilmente a bordo strada in attesa di cibo. Sono abituati così, i turisti passano e gli danno da mangiare in cambio di qualche foto. Un patto non scritto che alcune volte si rivela mortale, soprattutto se ci si imbatte in un’orsa con piccoli al seguito.
Eppure c’è chi passa di lì proprio per questo, come testimoniano i suggerimenti di Google che mi sono spuntati fuori mentre cercavo numeri e dati sugli orsi in Romania.
Prima ho citato JJ4, ma in realtà il caso è molto più simile a quello di Amarena, l’orsa marsicana confidente che, entrata nel giardino di una casa, è stata uccisa da un uomo che le ha sparato. Amarena pensava che gli esseri umani fossero suoi amici. Errore fatale: non lo siamo noi per loro, non lo sono loro per noi. E così dovrebbe essere sempre, se li amiamo davvero.
Gli animali selvatici non sono nostri amici
Bisogna scriverlo sui muri, urlarlo al parco, far girare la voce nelle scuole, nei bar, nei rifugi d’alta montagna, negli stabilimenti al mare: gli animali selvatici non vanno nutriti, abbracciati, avvicinati, toccati. Bisogna educare persone con campagne di sensibilizzazione, spiegare che non viviamo in un cartone Disney, che una mamma orsa coi suoi cuccioli è letale, come guidare a duecento all’ora contromano. Avvicinarsi ad un’orsa coi cuccioli è la stessa cosa. In Italia, in Romania, ovunque.
Per il loro e per il nostro bene: se ci capita di incontrare animali selvatici, ammiriamoli dalla giusta distanza. Dobbiamo farlo affinché non si verifichino più casi come quello di Omar. Non aspettiamo il prossimo, ché poi se ne parla per una settimana e via, avanti con la nuova polemica, senza risolvere nulla, senza pensarci più.
E allora parliamone, diffondiamo la cultura del rispetto alla giusta distanza. Facciamolo a cena con la famiglia, in ufficio con colleghi e colleghe, al bar con la nostra compagnia. Se esce fuori l’argomento, spieghiamo che certi comportanti sono letali sia per noi che per gli animali. Dare da mangiare ad una volpe, avvicinare un cervo in un paese e accarezzarlo, lanciare cibo agli orsi: è tutto sbagliatissimo, senza se e senza ma.
In definitiva, solo intervenendo a livello preventivo sulle interazioni, e informando sul da farsi in caso di incontro ravvicinato, possiamo davvero pensare di gestire il problema della coesistenza tra noi e i selvatici. Un mese fa, tra l’altro, intervistato al Green and Blue Festival parlavo proprio di interazioni sbagliate: lì citavo il caso di un uomo che aveva rincorso un lupo con l’auto, insieme a quello della tartaruga che abbandonava il proposito di fare il nido per via dei troppi selfie dei turisti. Tutti episodi che scaturiscono della stessa concezione sbagliata.
Chiudo con un pensiero per Omar Farang Zin e con un augurio per il futuro: speriamo che questo episodio serva da lezione. Se ne è parlato tanto e il clamore mediatico è importante, ma solo se accompagnato ad una giusta riflessione. Ho letto tanti commenti che non mi sono piaciuti, ma anche interventi di persone che hanno centrato la questione: l’orso resterà sempre orso ed è giusto così, ma noi cerchiamo di essere un po’ più umani. In tutti i sensi.
Una speranza di nome Petra
Restiamo in tema orsi, ma ci spostiamo in Italia, in Abruzzo. Negli ultimi giorni si è parlato molto di Petra, l’orsa marsicana che ha fatto qualche scorribanda a Lecce dei Marsi. Si è aggirata per le strade del paese, dove si trova evidentemente a suo agio, purtroppo, attirata dai secchi per i rifiuti.

Ecco, una buona notizia, almeno a livello di approccio: l’amministrazione locale ha deciso di formare una task force insieme al Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (che l’ha catturata e radiocollarata) e altre associazioni per far sì che quella tra l’orso e i cittadini di Lecce dei Marsi sia una convivenza pacifica. Ne parla Il Centro:
Tra le iniziative più attese c'è l'imminente arrivo in paese di speciali secchi per la raccolta differenziata, concepiti per essere "anti-orso". Questi contenitori innovativi permetteranno ai cittadini di smaltire l'umido, notoriamente l'attrattiva maggiore per i plantigradi, in totale sicurezza, impedendo l'accesso agli animali. Il progetto rientra nell'ambito del più ampio "Life Bear Smart Corridors", ed è stato già promosso in altri paesi della provincia dell'Aquila come soluzione pratica per la gestione dei rifiuti e la prevenzione delle intrusioni.
Soluzioni concrete, efficaci e messe in pratica in maniera efficiente, con la collaborazione di esperti e associazioni: questa è l’unica strada.
PS: A newsletter già programmata e a una settimana di distanza dalla morte di Omar Farang Zin, mi trovo a guardare il video di un uomo che, sulla stessa strada in Romania, rischia grosso con un orso per scattargli una foto. Non so che dire. Voglio sperare che prima o poi ce la faremo. Dobbiamo farcela.
Momento qualche link e poi una foto bella che mi fa commuovere:
🐺 In questo solco si inserisce la storia de storia della lupa che ha morso una ragazza in Molise: sul tema consiglio un reel di Fill Pill, che spiega perché sbagliamo a pensare agli animali basandoci sui sentimenti umani, invece che sulla scienza.
🐊 Se poi dai sentimenti umani nasce l’idea di mettere un carcere in mezzo a paludi piene di alligatori per non far evadere i detenuti, capite bene che il problema è ancora più grave: no, non è un film, solo l’ennesima trovata dell’amministrazione Trump.
🏃 Una bella iniziativa promossa da Essere Animali: il 28 settembre si corre a Milano per difendere gli animali che soffrono negli allevamenti intensivi. Qui per iscriversi alla Running Italy for Animals.
🐣 Daniele mi ha segnalato questa storia degli uccelli No-Tav: i lavori per la realizzazione dell’alta velocità tra Brescia e Verona sono stati fermati per la presenza di nidi di gruccione, una specie protetta.
🦇 Ugo, un esemplare di nottola minore, è il primo pipistrello italiano dotato di GPS: lo scopo è quello di seguirne gli spostamenti per mettere a punto le strategie migliori per la protezione della specie.
Niente vignetta per oggi, ma chiudiamo con una foto alla quale sono affezionato: mamma Amarena insieme ai suoi cuccioli. Quello in piedi è Juan Carrito. Entrambi sono morti a causa della loro confidenza.

Ci sentiamo giovedì prossimo.
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