L'eredità che ci lascia Juan Carrito
La morte dell'orso marsicano più famoso del Centro Italia deve aprire una riflessione seria, profonda e adeguata.
Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è una puntata extra di Bestiale, dedicata a Juan Carrito.
Avrei voluto citare quello che è accaduto ieri all’interno della prossima newsletter, per poi passare oltre, ma la verità è che avverto il bisogno di parlare della morte di un orso che ho sentito e che sento ancora vicino.
D’altronde, questa roba chiamata Bestiale è nata per dare sfogo alla mia passione per gli animali, quindi non assecondarla vorrebbe dire tradirla. Tra due giorni, come ogni giovedì mattina, esce la puntata normale che era già in lavorazione, ma intanto eccoci qui.
Juan Carrito è morto. È stato investito da un’auto nel tardo pomeriggio di lunedì 24 gennaio, sulla SS17 che va da Castel di Sangro a Roccaraso. I tentativi di soccorso sono stati inutili, l’orso è deceduto poco dopo l’impatto. La persona alla guida, per fortuna, è rimasta illesa.
Nota: non inserirò foto né video dell’incidente. Ne ho visti diversi, ma non aggiungono nulla alla narrazione, quindi qui non ne troverete.
Chi era Juan Carrito
Simbolo del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, Juan Carrito è stato l’animale che, negli ultimi anni, ha più volte acceso i riflettori sul nostro rapporto con i plantigradi, per via della sua confidenza coi centri abitati.
Figlio di Amarena, altra orsa che non teme gli esseri umani (anzi), sin da piccolo è stato abituato a interagire con le zone urbane, arrivando a considerarle come parte del suo territorio abituale.
Anche di lui si parla nel documentario di Sky Il Marsicano. L’ultimo orso che ho citato in una delle puntate precedenti. C’è un virgolettato di una signora che mi è rimasto particolarmente impresso:
Quando arrivava Amarena insieme ai quattro cuccioli, ce n’era sempre uno più birichino, che le girava intorno. Ho pensato: questo sicuramente è un maschietto. Quando veniva qui si alzava in piedi, scendeva, si rigirava, saliva di nuovo sopra. Appena l’ho visto ho detto: questo è tremendo!
Di madre in figlio: sul web si possono vedere molti video delle pacifiche scorribande di Juan Carrito, immortalate da abitanti e passanti increduli di fronte a un animale selvatico che si comportava quasi come fosse un grosso cane.
Aveva circa tre anni, sin da subito è stato seguito con attenzione, proprio per questa sua attitudine ad avvicinarsi troppo all’essere umano. Si sapeva che questo atteggiamento avrebbe potuto costargli caro: non faceva del male a nessuno, quando interagiva con l’uomo, ma senza saperlo stava facendo del male a se stesso.
Un orso troppo confidente
Non era un orso come gli altri, Juan Carrito. Ad esempio, in questo momento dell’anno non avrebbe neanche dovuto essere in giro: per lui sarebbe stato tempo di letargo, e invece si è trovato sulla strada, che non un è posto sicuro per le persone, figurarsi per gli animali.
Su Kodami trovate un articolo che parla dell’accaduto e in generale della storia dell’orso. Riporto due passaggi esemplificativi:
Juan Carrito era stato catturato più di un anno fa proprio nel tentativo di portarlo lontano dal centro abitato e rendergli difficile tornarvi: nonostante fosse stato sedato e trasferito in alta quota, nella speranza che andasse in letargo nel suo habitat, è sempre riuscito a tornare a valle.
E ancora:
La familiarità di Juan Carrito con gli insediamenti umani e la facilità con cui è stato abituato ad avere cibo hanno un’ulteriore conseguenza negativa: anche alla luce della giovane età il rischio era che si riducesse la durata del periodo di svernamento, aumentando notevolmente il rischio che l’orso potesse continuare a frequentare il centro abitato di Roccaraso e imbattersi nei tanti turisti che raggiungono la località sciistica durante la stagione invernale. Ed è stato anche per questo che si era tentata la cattura e la captivazione. Spostato brevemente nell'area faunistica di Palena (Chieti), era stato poi trasferito in un'area interna del massiccio della Maiella, con un'operazione svolta dal personale tecnico del Parco Nazionale della Maiella. Dopo qualche tempo, però, era inevitabilmente tornato nei luoghi che conosceva ed era stato nuovamente avvistato nella zona compresa tra Roccaraso e Pescasseroli.
Una (triste) fine annunciata
Gli sforzi sono stati tanti, la volontà di dare a Juan Carrito una vita da orso c’è stata eccome. Ma le difficoltà hanno avuto la meglio, purtroppo, e la sua confidenza ha significato la sua fine: l’ha trovata su quelle strade che frequentava spesso, che sentiva come casa, e che invece avrebbe dovuto evitare.
Qualche tempo fa ho parlato del tema con il giornalista Ferdinando Cotugno nel podcast Dolittle, citando proprio Juan Carrito e partendo da un articolo uscito su L’Essenziale, dove venivano analizzate le insidie per gli orsi marsicani del Centro Italia.
“In questo momento la parte più pericolosa della vita di un orso marsicano in Abruzzo è attraversare la strada”: a risentirle oggi, le parole di Ferdinando suonano tristemente profetiche, ma la verità era già sotto gli occhi di tutti, così come i dati.
Come viene detto nel podcast, il miglioramento delle infrastrutture, con barriere e/o passaggi pensati proprio per gli animali, e con una segnaletica più puntuale sia per gli automobilisti che per gli orsi, è il primo passo da fare, ma non basta.
C’è anche il comportamento umano, altrettanto decisivo: “Gli orsi non possono avere un futuro sostenibile se non c’è la partecipazione di tutta la comunità”, diceva sempre Ferdinando, che invitava a cercare “la giusta distanza”. Dagli allevatori (la prima linea di confine e di frizione) ai semplici cittadini, ognuno può e deve fare più attenzione. Gli enti stessi devono essere più attenti, con una gestione più puntuale dei rifiuti, e con cassonetti “a prova di orso”.
Infine, c’è la componente turismo: al di là dei discorsi sui nuovi impianti sciistici che tolgono spazi vitali, non bisogna mai avvicinarsi troppo agli animali selvatici. C’è da trovare il giusto equilibrio tra il potenziale attrattivo dell’orso e la sua protezione dalle ingerenze umane. Per il bene di tutti, animali ed esseri umani.
La scomparsa di Juan Carrito è una sconfitta. L’orso marsicano più famoso del Centro Italia lascia un vuoto nelle persone che hanno combattuto per lui, in chi lo ha incontrato per caso, nei semplici appassionati di animali come me. Speriamo solo che questo evento tragico porti qualcosa di buono, una nuova riflessione.
Ci lasciamo con le parole di Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, che al Corriere della Sera ha detto:
«Ce l’abbiamo messa tutta in questi anni per assicurargli una vita da orso libero. Purtroppo non ce l’abbiamo fatta e questo ci dà tanta tristezza. Se ne è andato uno di famiglia».
Se avete domande o se volete fare segnalazioni, potete scrivermi all’indirizzo leonardomazzeo1@gmail.com, oppure sui social: @leon_mazz su Twitter e @leonardomazzeo su Instagram, dove trovate anche @bestiaaale.
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