Bestiale #60
Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la sessantesima puntata di Bestiale, che comincia con l’aye aye.
Non sentite questa fantastica atmosfera da Madagascar? Normale: l’aye aye è endemico dell’isola africana, prima ne esisteva anche una versione gigante, ma si è estinta. Lui invece è ancora qui tra noi e sembra un incrocio tra più specie: mezzo pipistrello, una spruzzata di gatto, una spolverata di scimmia, il muso da scoiattolo.
Animale notturno, arboricolo e onnivoro, di recente sul suo conto è uscita una notizia bizzarra: pare che l’aye aye si metta le dita nel naso. O meglio: un dito nel naso, precisamente il medio, molto più lungo degli altri. Cito Focus:
Grazie al video, ma anche a una TAC di un aye aye, che ha permesso di confrontare la lunghezza del dito con il suo "percorso" all'interno del cranio, il team ha così scoperto che l'aye aye spinge il suo medio attraverso l'intero condotto nasale, e termina la sua corsa, per così dire, addirittura nella cavità orale. Dopo l'esplorazione, l'animale estrae il dito e ne lecca il muco che ha raccolto; un comportamento noto come mucofagia, presente anche in noi umani, anche se misterioso, perché non esiste alcuna ipotesi scientifica condivisa su quali possano esserne i benefici.
Aaaaaah! Che bellezza. Ecco una gif tratta dal video in questione:
Non vi aspettavate un inizio così, eh? Era solo per stomaci forti. Spero non abbiate letto la newsletter col cornetto in bocca, o con la forchetta in pugno: non me lo perdonerei. Se volete mandare di traverso il pasto a una persona che vi sta antipatica, comunque, potete condividere con lei questa puntata: ve ne sarà grata!
Ma andiamo avanti: è stata osservata un’orca mentre andava in giro con un piccolo di globicefalo. Di solito c’è un rapporto di predazione tra le due specie: in questo caso, però, l’interazione sembra diversa dalle altre. Che l’abbia adottato? La scena è stata osservata in Islanda, qui trovate lo studio completo, di seguito invece cito un articolo sul tema:
I biologi pensano che possa trattarsi di un’ancora di salvezza per un neonato globicefalo che altrimenti sarebbe morto, oppure si pensa possa essere perfino un rapimento. Tuttavia, in entrambi i casi, ci troviamo dinanzi a qualcosa di mai descritto prima d’ora e che fornisce nuove informazioni sulla psicologia di una delle specie più intelligenti della Terra.
Nel mentre, a quanto pare, lo squalo bianco è in grado di rigenerare parti del suo corpo, dimostrando una capacità di auto-guarimento impressionante: Crescent (questo il suo nome) nel 2017 è stato fotografato con la pinna dorsale squarciata; lo stesso esemplare, cinque anni più tardi, si è mostrato con la ferita completamente ricucita e rimarginata.
E poi arrivano immagini come questa:
La scena è stata immortalata dal fotografo amatoriale Claude Romailler sulle pendici del Grand Chevalard, nel Basso Vallese: si vede chiaramente un’aquila reale mentre trasporta (con un artiglio solo!) uno stambecco.
"Le aquile reali osservano le loro prede per ore. Poi le sollevano, le portano a decine di metri di altezza e le fanno precipitare uccidendole, per poi mangiarle" spiega da parte sua Chloé Pang, scienziata ambientale della Stazione ornitologica svizzera di Sempach.
Le aquile di solito adottano questa tecnica di caccia su piccoli mammiferi, come le marmotte. "Un'aquila simile può trasportare fino a 7 chili, benché da adulta pesi tra i 4 e i 6 chili. È impressionante la forza che ha avuto per sollevare lo stambecco" aggiunge Pang. Alcuni individui catturano pure galline e gatti, anche se è abbastanza raro.
E mentre le aquile sollevano gli stambecchi, gli orsi polari hanno cominciato a predare le renne. Come viene spiegato su Kodami, non è una buona notizia:
L'orso polare (Ursus maritimus) è una delle specie più minacciate dal rapido scioglimento dei ghiacci artici causata dal riscaldamento globale. Non potendo più cacciare le foche sui banchi di ghiaccio sono quindi stati costretti a rimanere più a lungo sulla terraferma, e a modificare la propria alimentazione cercando nuove prede.
Tra l’altro, lunedì 27 febbraio c’è stata la giornata mondiale dell’orso polare.
Restando in tema orsi, da qualche giorno è uscito negli Stati Uniti (e l’11 aprile arriverà anche da noi) Cocain Bear, che in Italia è stato sapientemente tradotto con Cocainorso. Il film, una commedia-horror, parla appunto di un orso che assume cocaina e che non diventa molto amichevole, diciamo così.
Come riporta Il Post, è tratto da una storia vera, anche se ampiamente rivisitata:
Il 23 dicembre del 1985, la polizia dello stato americano della Georgia trovò il cadavere di un orso nero di ottanta chili nella foresta di Chattahoochee. Nel momento della sua morte, l’orso aveva tra i 3 e i 4 grammi di cocaina nel flusso sanguigno, ma secondo il medico legale del Georgia State Crime Lab, il suo stomaco era «letteralmente pieno fino all’orlo di cocaina». Poco distante vennero ritrovati una quarantina di contenitori vuoti, aperti con la forza, che potevano contenere fino a 34 chilogrammi di cocaina.
La regista, Elizabeth Banks, ha dichiarato: «È una vera merda che quell’orso sia stato trascinato in una storia di traffico di droga finito male e sia morto. E ho pensato che questo film potesse diventare la sua vendetta».
Straight outta 2008: una campagna di sensibilizzazione efficacissima del World Wildlife Fund, in collaborazione col designer giapponese Mikami Yoshiyuki. In sostanza, vengono messe in mostra fotografie di animali sgranate, dove i pixel corrispondono al numero di esemplari ancora presenti in natura.
Momento qualche link e poi solo carezze:
Sentite di non aver fatto abbastanza, nella vita? Consolatevi con i nidi di piccione brutti 🐦
Buone notizie dall’Australia: 26 specie salvate dall’estinzione 🎉
Catturano una tartaruga e le incidono delle lettere sul carapace: io veramente boh 😶
Un’interessante riflessione sul rapporto tra esseri umani, animali domestici e fauna selvatica 💡
E dunque:
A giovedì prossimo, ciaaaaao.
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